Chissenefotte
Questa notte ho avuto una visione, con
relativa e immancabile divina rivelazione. Ve la riassumo per non farvi stare
troppo sulle spine, tanto, non sto scrivendo un giallo: meglio essere poveri
in una nazione di ricchi che in una nazione di poveri.
“Poffarbacco!”, direte: “Di La Palisse ce
n’è bastato uno e avanza pure”. Ma, invero, vi invito alla pazienza,
aspettate un poco che ,tosto, arrivo al dunque. Quel povero fortunato
o quel fortunato povero, scegliete voi come meglio vi aggrada, ero io.
Comunque non abbiate cruccio, è ancora un
sogno, forse per poco, ma è ancora solo un sogno. Ma questo sogno mi ha spinto
a fare alcune riflessioni di filosofica portata. Ho un caro amico di origine
napoletana che conosce una formula magica tramandata di generazione in
generazione che suona più o meno così: “Chissenéfotte”, detto pomposo, a voce
alta, scandendo bene i suoni. Bene, mettete questa formula da parte, ma non
dimenticatela, che poi, ci servirà.
Nella mia vita, da quando mi sono
diplomato ho lavorato, e, credetemi, ho lavorato sodo. Ho fatto, in via
retrospettiva, dei conti abbastanza attendibili, avrò versato con la mia
piccola azienda (ventiquattro anni di onorata attività, in tre persone) più di
due milioni di euro in tasse, e vi assicuro, erano soldi buoni, valore aggiunto
per la mia piccola Italia, venuti in buona parte da nazioni estere. I miei
software girano ancora in Russia, America, India, Repubblica Ceca, Marocco, Bulgaria,
Austria e Francia. Allora, penserete: tu sei ricco o quanto meno lo sei stato.
No, nella mia carriera non ho mai superato i duemila euro di stipendio, roba
che un parlamentare ne brucia più del doppio solo come rimborsi forfettari.
Ma in somma, veniamo dunque al sogno. Ero
un vecchietto con la barba un po’ più bianca di quella che oggi indosso e con
un braccio perennemente addormentato, (provate a usare il mouse per più di
quarant’anni per più di dieci ore al giorno e poi me lo racconterete). Senza
pensione, ovvio, se Monti lavora fino a ottanta anni, lo può fare chiunque,
persino una puttana.
Ma non vivevo male, la mia parola
preferita era proprio “Chissenefotte”. Per le scarpe prendevo quelle che
buttava mia cognata cosi pure per i cappotti ed i vestiti, con un bel
“Chissenefotte” in coda. Le figlie erano ormai grosse e potevano campar da
sole, allora chissenefotte pure. Per il mangiare, son stato sempre di gusti un
po’ spartani, quella cinquina d’euro che servono ad un vecchietto per campare
me li facevo d’elemosina giù al supermercato a fianco di Hamed, l’amico mio
negretto, e... chissenefotte ancora. Per il telefono il chissenefotte è
d’obbligo, per la televisione è uguale, i libri nuovi li prendevo a mia sorella
che ne regala a iosa perché non ha più spazio. Per abitare, abitavo nella mia
cantina super lusso, più che per Diogene, la botte; in attesa delle promesse
case popolari. La mia l’avevo regalata alle figliole prima che lo stato se la
prendesse (per farci cosa, poi). Per il riscaldamento e per la luce, le cose
più importanti? Semplice: rubavo. Me l’ha insegnato un vecchio conoscente
del quale non posso fare certo il nome, lui la faceva sempre franca. E l’acqua?
Mbe, quella quasi non ce l’abbiamo nemmeno adesso...
Voi mi direte, ma tu così sei un ladro,
sì, ma un ladro gentiluomo, rubo ai ricchi per dare ai poveri, cioè a me, e me
ne vanto pure, almeno qualcosa indietro di quello che mi è stato tolto lo
riprendo, e poi... chissenefotte. Devo, per forza, aggiungere una cosa: quando
io lavoravo all’università: (tecnico di ruolo, mica scherzo) e preparavo per i
professori di attuariale le tabelle che loro si vendevano alle compagnie
assicuratrici, allora sì che mi sentivo complice e ladro, ed è per questo che
sono stato una meteora per lo stato, anch’esso ladro, tanto che nemmeno i
contributi mi avevano pagato.
Per l’irrinunciabile lusso che
pomposamente chiamano “l’abbattimento del digital divide” chiedevo in
elemosina qualche gigabyte al mio vicino generoso. e... chissenefotte ancora.
Per mia fortuna, le cose che si comprano
sono finite, restano quelle che servono davvero e che non hanno prezzo. La
salute non si compra, no, neppure l’amore. E come dice una altro amico mio (ce
n’ho davvero troppi): “nella mia vita ho amato tanto e sono stato tanto amato”,
continuerò su questa strada, con la mia donna accanto, se ne avrà la forza e il coraggio, finché il mio cuore, vecchio, scoppierà.
E per il resto? Chissenefotte, altro che
mastercard.
I più accorti diranno: “Ma hai cambiato il
tempo della narrazione?” Sì, ma chissenefotte. quello che adesso ho detto vale
pel sogno, per ora e vale pure per domani, se c’arrivo.
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