Di tasse si muore
Di
tasse si muore
“Atto
di dolore, mi pento e mi dolgo dei mie peccati...
Signore
misericordia perdonatemi.”
“figliolo,
dimmi i tuoi peccati...”
“Padre,
un omicidio...”
“O
Dio mio,no! Quando?”
“Domani,
domani lo ucciderò!”
“Haaa....
meno male, è uno scherzo, comunque non è bello scherzare in
confessionale...”
“Non
è uno scherzo Padre, ci sarà anche un suicidio, il mio; ecco perché
mi devi confessare e assolvere adesso, subito! Domani non sarà più
possibile...”
Era
cominciato tutto due mesi prima, come il peggiore degli incubi:
erano
tutti in ufficio quando suonò il campanello:
“Buongiorno,
prego accomodatevi... Ma... tu... ti riconosco sei Federico, sì,
alle superiori, Quinto B... quanti anni...sì, mi ricordo,
Federico... Federico... non ricordo il cognome ...”
“Nessuno
lo ricorda mai! Scommetto però che il soprannome te lo ricordi
vero? “Panzallegra”, scommetto che ti ricordi pure gli scherzi
che mi facevate... no? Comunque: De Rapaciis, Dott. Federico
De Rapaciis.”
“Dai,
è passato tanto tempo, ragazzate, si sa com'è a scuola... Ma dimmi,
come mai qui?”
“Siamo
dell'agenzia delle entrate , il Dott. Mastrantò, mio collega...
siamo qui per un controllo. Immagino che sappiate che non siete
congrui con gli studi di settore, è già tre anni che la vostra
dichiarazione vi segnala al sistema, quanto tempo credevate di farla
franca?”
Dopo
aver a lungo discusso, scartabellato, imprecato, quasi supplicato, fu
tutto inutile, in totale risultava un accertamento di 40.000 euro di
IVA non pagata, per tre anni, un totale di 120.000, questo dicevano
gli studi di settore.
“...Ma
noi lavoriamo con l'industria, come facciamo a non fatturare, ce la
vedi la FIAT che paga in nero? A malapena ci paghiamo gli stipendi,
la zona è depressa, c'è pochissimo lavoro, e la concorrenza è
spietata, noi siamo come una cooperativa... “.
“A
noi non interessa, queste sono le indicazioni, questo è
l'accertamento: 120.000 euro, dimostraci che non è vero- risposero -
se non ti sta bene, venite in agenzia tu e il tuo commercialista a
discuterne, e poi, se siete ancora convinti delle vostre ragioni,
fate ricorso... Ma caro amico, io te lo sconsiglio, farete un buco
nell'acqua. Vi conviene mettervi d'accordo, se accettate vi possiamo
fare un sconto.”
“Uno
sconto? Ma io non saprei nemmeno dove andare a prendere i soldi per
pagare i prossimi stipendi... Gli operai hanno famiglia.”
“Mica
sono io l'imprenditore. Vai in banca, hai una casa, dei parenti...
fatteli prestare...”
Infinite
discussioni con il commercialista.
“Ma
perché ci trattano da ladri senza l'ombra di una prova, come posso
dimostrare l'esistenza di una cosa che non esiste, se i clienti non
ci fanno ordini, come faccio a provarlo.”
“Conviene
accordarti, quando arrivano lasciano sempre il segno. Loro non
sbagliano mai!”
“Ma
come? Lo dici tu che sei il mio commercialista, lo dici tu che sai
che non possiamo evadere un euro anche se volessimo... ma io vado
fuori di testa.”
Fu
tutto inutile, la banca rifiutò di allargare il fido, anzi minacciò
di chiedergli il rientro dei prestiti in corso.
Gianluigi,in
automobile, ripensava in silenzio alla sua carriera di imprenditore,
in 25 anni di azienda, s'era fatto i conti, aveva versato circa due
milioni di euro fra tasse, contributi, e balzelli vari, aveva creato
valore per il paese, aveva sfamato cinque famiglie senza chiedere
nulla allo stato, tutto quello che aveva creato era frutto del suo
lavoro e null'altro, ma lui era senza un euro. Ma non basta, un
Federico “panzallegra” qualsiasi, un impiegato dello stato, uno
che non ha mai prodotto un euro di valore per la nazione, lo accusava
di essere ladro, senza uno straccio di prova, senza un processo,
senza un avvocato, con un giudice dipendente della parte avversa. “Ma
in che stato vivo? Dove sono la democrazia e il diritto.”, Si
chiedeva. La rabbia, e la disperazione man mano prendevano in lui il
sopravvento, era stato sempre un tipo ottimista, ma ora si sentiva
senza speranza. Cosa poteva fare?
Imboccò
l'autostrada per Napoli, Arrivato si addentrò nei bassifondi, tra i
vicoli più malfamati,
“Paisà,
sigarette... Orologi...”
“Voglio
altro, ma ho i soldi...”
“Io
tengo solo sigarette, e orologi, ma... se tennite a' moneta, ditéme
solo quello che vulite...”
“Una
pistola.” Sussurro avvicinandosi all'orecchio del contrabbandiere.
“Vabbò,
Venite appriesse a mmè.”
Dopo
aver svoltato varie volte tra miriadi di viicoli che sembravano tutti
uguali, Gianluigi si sentì afferrare alle spalle e venne sbattuto
contro il muro.
Erano
in tre. “Che vulive tu?” disse il più alto.
“Una
pistola...”
“Ah,
'na pistola! Cumm'a chesta?”
così
dicendo il giovane estrasse un revolver e lo appoggiò con forza
sotto il naso di Gianluca, che sentì il freddo della canna fin
dentro al cervello, la paura lo colse per un attimo, ma recuperò in
fretta il sangue freddo.
“Sì,
proprio come questa.” E lentamente, ma con fermezza scansò la
canna della pistola dalla sua faccia. “Io pago bene.” -Aggiunse,
scandendo bene le parole.
“Vabbò,
damme o portafoglio allora...”
Nel
frattempo il contrabbandiere era scomparso, Gianluigi era solo
appoggiato in un angolo di un vicolo buio circondato da tre giovani
dalla faccia torva, ma non aveva paura. Senza abbassare gli occhi,
guardando sempre in faccia quello che parlava e sembrava essere il
capo, estrasse lentamente il portafoglio.
“'St'
omme me piace!” disse il guappo mentre gli strappava il
portafoglio dalle mani.
“Brave!
Bello preno, m' fide...” così dicendo, tolse tutti soldi che
c'erano nel portafoglio.
“si
fortunate - aggiunse- nui simme uommene 'e onore, ma statte attiente,
putariste truvà mariuoli senza onore. Ma tu sì fortunate, mi piaci,
tu 'nnai paura, e i me vuleva accattà 'na pistola nova... Técchete
allora chésta... Attente ca' spara storta...” cosi dicendo buttò
pistola e portafoglio in terra. Il tempo di raccoglierli ed erano già
scomparsi nel nulla.
“...
non posso assolverti da peccati futuri, ma posso dirti che togliere
la vita ad un altro essere umano è terribile, come lo è altrettanto
togliersi la propria...”
“...Io
ti assolvo dai tuoi peccati In nome del Padre del Figlio e dello
Spirito Santo”. Va figliolo e come disse nostro Signore Gesù,
non peccare più. Che la notte ti porti consiglio, pensa alla tua
famiglia, tutto si aggiusta, abbi fede. Ma ricorda bene: tutto si
può aggiustare solo se rimani vivo...”
L'insonne
notte non portò consiglio e venne inesorabile il giorno:
Appostato
dietro l'angolo, vicino all'ingresso del modernissimo palazzo di
vetro dell'agenzia delle entrate, sull'altro lato c'era pure lo
sportello Equitalia: “casa e chiesa...” pensò Gianluigi. Tirava
vento e stava lì con il bavero alzato, freddo e determinato, in
attesa pensava:
“Almeno
faccio un piacere al prossimo disgraziato di turno, tolgo un bastardo
dalla faccia della terra, anche se i peggiori sono là, in
parlamento... era meglio una bomba, ma come c'arrivavo... Voliamo
basso allora: un colpo alla fronte, una a lui e uno a me... e poi
tutto è finito!
Tutto
finito... ma perchè, se io non ho colpa...Perché devo pagare io?
Già perchè? Il colpevole non sono io. Sì, un colpo a lui e poi mi
costituisco; così mi faccio campare, non avrò più bisogno della
pensione, niente tasse, riscaldamento pagato, libri, televisione,
tutto gratis, almeno recupero un po' delle tasse che ho versato.
Tanto i figli ce li ho grossi. Mi verranno a trovare una volta al
mese, con le arance- abbozzò un
sorriso amaro, aveva sempre avuto una forte autoironia.-
Cazzo, perché mi devo sparare io, meglio sparare a loro...
Eccolo
arriva.”
“Uè,
paisà... Panzallegra...”
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